Fashion Magazine

La Terra Che Urla Ai Sordi

Negli ultimi decenni, il fenomeno della fast fashion ha rivoluzionato l’industria della moda, portando con sé un’accessibilità senza precedenti a capi d’abbigliamento economici ma scadenti. Dietro ai prezzi bassi e alle tendenze veloci si cela una realtà preoccupante: la produzione su larga scala di abbigliamento sintetico sta devastando l’ambiente, causando danni irreversibili al pianeta e anche agli essere umani.

L’impatto della Fast Fashion

La fast fashion si basa su un modello di consumo rapido, in cui le collezioni cambiano continuamente per stimolare l’acquisto compulsivo. Catene di negozi come Zara, H&M, e Shein producono enormi volumi di vestiti in tempi ridotti, utilizzando materiali economici e facilmente reperibili. Questi capi, spesso realizzati con tessuti sintetici come poliestere, nylon e acrilico, sono economici da produrre ma hanno un impatto ambientale disastroso.

Uno degli aspetti più gravi di questo fenomeno è il ciclo di vita ridotto degli indumenti. Si stima che, in media, un capo di fast fashion venga indossato solo una manciata di volte prima di essere gettato. Ogni anno, milioni di tonnellate di vestiti finiscono nelle discariche, dove i materiali sintetici impiegano secoli a decomporsi. Non solo: il 92% dell’acqua utilizzata per produrre tessuti sintetici non può essere riciclata e finisce per contaminare fiumi e oceani.

Il Pericolo dei Tessuti Sintetici

I tessuti sintetici, derivati dal petrolio, rappresentano uno dei principali nemici dell’ambiente. La loro produzione comporta l’utilizzo di enormi quantità di risorse naturali e energia. Per esempio, il poliestere, una delle fibre più utilizzate nell’industria della moda, richiede il doppio dell’energia rispetto al cotone per essere prodotto. Oltre all’enorme impatto in termini di emissioni di CO2, i tessuti sintetici rilasciano anche microplastiche durante il lavaggio, che finiscono negli oceani e vengono ingerite dalla fauna marina, causando danni all’intero ecosistema.

Secondo uno studio del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, ogni anno, circa 500.000 tonnellate di microplastiche derivanti dai lavaggi di abiti sintetici si riversano negli oceani, con effetti devastanti sulla biodiversità marina. Inoltre, questi tessuti non si biodegradano, il che significa che rimangono nell’ambiente per centinaia di anni, accumulandosi e aggravando la crisi dell’inquinamento globale.

Per non parlare dell’incredibile danno che ha sulle persone a livello di salute sia direttamente che indirettamente. 

Di recente sono stati effettuati dei test sulle frequenze delle varie fibre. Il corpo umano in media ha una frequenza di 100 ghZ, il cotone ha frequenza 100, il lino 5000, un corpo morto ha 15, così come i tessuti sintetici tipo il poliestere.

Il Costo Ambientale della Produzione

La produzione di tessuti sintetici non solo inquina i mari, ma contribuisce anche al riscaldamento globale. L’industria della moda è responsabile di circa il 10% delle emissioni globali di gas serra, più di tutti i voli internazionali e il trasporto marittimo messi insieme. Ogni fase della produzione di abbigliamento sintetico, dalla raccolta del petrolio alla lavorazione chimica delle fibre, è altamente inquinante.

Oltre all’impatto climatico, la fast fashion contribuisce alla distruzione delle risorse idriche globali. La tintura dei tessuti richiede grandi quantità d’acqua e l’utilizzo di sostanze chimiche tossiche, che spesso vengono scaricate direttamente nei fiumi senza alcun trattamento adeguato. In paesi come Bangladesh e India, dove si concentrano molte fabbriche di abbigliamento, i corsi d’acqua sono gravemente contaminati, mettendo a rischio la salute delle popolazioni locali e la biodiversità acquatica.

Verso un Futuro Sostenibile?

Fortunatamente, la crescente consapevolezza dei consumatori lascia speranza ad un cambiamento del sistema, preferendo pratiche sostenibili, piccole attività locali e con l’utilizzo di tessuti organici e/o riciclati, favorendo la produzione a basso impatto. Tuttavia, questi piccoli passi avanti sono ancora insufficienti  rispetto alla scala del problema.

Una delle soluzioni più urgenti è ridurre il consumo di abbigliamento superfluo e promuovere una moda lenta (slow  & quality fashion), ampiamente trattata da Samantha Esse, basata su qualità dei tessuti e la durata e rispetto per l’ambiente. I consumatori possono fare la loro parte acquistando capi di qualità con produzioni in paesi in cui ci sono leggi più rigide che non permettono lo sfruttamento o l’evasione, evitando quindi le grandi multinazionali con produzioni in massa a basso costo e pessima qualità.

Solo attraverso un impegno collettivo e sensibilizzazione tra aziende, governi e consumatori si potrà sperare di frenare il danno che affligge il pianeta.


La fast fashion è tra le cause principali dell’attuale crisi ambientale. Ogni capo acquistato ha un impatto diretto sulla salute del nostro pianeta. Se vogliamo preservare le risorse naturali per le generazioni future, dobbiamo riconsiderare il modo in cui produciamo e consumiamo abbigliamento, passando da un modello insostenibile a uno più rispettoso dell’ambiente.

Fast Fashion non è bello. è spazzatura. 

Ricercate il bello, 

Ricercate l’ Arte

Cheers
Samantha Esse

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